Il MIM con nota 105982 del 7 maggio 2025 comunica che...
Il Decreto-legge n. 25 del 14 marzo 2025 (cosiddetto decreto PA) è stato definitivamente convertito in legge mediante il voto di fiducia espresso dal Senato. Il testo finale, pertanto, non ha subito altre modifiche oltre quello già...
L'articolo Accordo Stato-Regioni 17 aprile 2025: le principali novità sulla formazione in materia di sicurezza proviene da ANP.
Basta polemiche, scuola sia aperta al confronto’
“Invece di sollevare polemiche strumentali e invadere il lavoro quotidiano del personale della scuola, riteniamo che la politica debba concentrarsi sulle priorità reali del mondo dell’istruzione. Non servono interventi esterni: i valori li insegnano i nostri docenti, che sono i professionisti dell’educazione. E lo fanno con passione e competenza.
La scuola deve essere un ambiente di confronto aperto, inclusivo e rispettoso della libertà di espressione, senza alcuna forma di discriminazione o censura. Le scuole devono essere in grado di affrontare temi delicati come l’identità di genere e la diversità. Devono essere luoghi di formazione che promuovono il pensiero libero e critico, il rispetto per la diversità e l’inclusione, fornendo agli studenti gli strumenti per comprendere le varie sfaccettature della società”. Così parlando con l’ANSA il segretario generale della Uil scuola, Giuseppe D’Aprile, a proposito della denuncia il parlamentare della Lega, Rossano Sasso su quanto avvenuto in un liceo di Acerra (Napoli).
L'articolo Drag queen in liceo, D’Aprile: “Politica si concentri su priorità” proviene da UILSCUOLA.
In data 7 maggio 2025 si sono riuniti ARAN e sindacati per proseguire la trattativa per il rinnovo del CCNL 2022/24 del comparto “Istruzione e ricerca”.
L’ARAN ha presentato alcune proposte -molto parziali- di...
Sull’obbligo vaccinale in tempo di Covid arriva la prima sentenza del Tar Lazio (8590/25) che cessa la materia del contendere per lo ius superveniens con compensazioni di spese, rispetto al contenzioso promosso dall’ufficio legale Anief. Come risposta, il giovane sindacato avvia le adesioni per ricorsi alla Cedu per la rivendicazione dell'assegno alimentare da assegnare ai ricorrenti sospesi e successivamente ammessi ad altro incarico.
Nel frattempo, Marcello Pacifico ha chiesto anche una audizione Anief alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2. “L’obiettivo che ci siamo posti – dice lo stesso Pacifico - è quello almeno di ripristinare la copertura contributiva durante il periodo di sospensione dal lavoro”.
Chi volesse maggiori informazioni sui ricorsi alla Cedu - per la rivendicazione dell'assegno alimentare da assegnare ai ricorrenti sospesi e successivamente ammessi ad altro incarico – può cliccare qui.
PER APPROFONDIMENTI:
Parte la “giostra” delle 94.130 assunzioni, comunque vada sarà un insuccesso
Indennità per la continuità didattica, prevista una “mancia” di 50 euro per chi non si sposta
Obbligo vaccinale, il 18 gennaio il caso arriva in Corte di Giustizia europea
È semplicemente assurdo che un dipendente pubblico debba attendere fino a 7 anni prima di ricevere quanto gli spetta, contro i 45 giorni del settore privato, e poi percepisca la somma dovuta anche a rate: alla luce dell’indifferenza generale contro questa attesa ingiusta e discriminante – che sovverte anche la decisione della Corte costituzionale nel 2023, che ha dichiarato anticostituzionale il differimento della liquidazione ai dipendenti pubblici che hanno raggiunto i limiti di età o di servizio -, il sindacato Anief ha deciso di rompere gli indugi costituendosi alla Consulta contro la norma che ritarda e rateizza la liquidazione per il personale scolastico per violazione degli articoli 36 e 117 della Costituzione italiana. Conteggiando tutti i comparti pubblici, dal 2011 in poi questa ingiustizia è stata vissuta in prima personale da circa 2 milioni di cittadini che hanno lasciato il lavoro.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “il ritardo del pagamento del Tfs appare ancora più illogico se si pensa che liquidazione è una retribuzione differita ed è pagata per un sesto dal lavoratore con la trattenuta del 2,5%: si tratta, peraltro, di una trattenuta che il sindacato, con una specifica petizione, ha chiesto di rimuovere per i neoassunti dal 2001 transitati a regime TFR che nel settore lavorativo privato è interamente a carico del lavoratore”.
Nella richiesta formulata alla Corte Costituzionale, presentata in qualità di amicus curiae gli avvocati Walter Miceli e Nicola Zampieri, operanti per il giovane sindacato, hanno rimarcato “la tesi dell’incostituzionalità delle norme censurate nella presente causa, in quanto lesive dei diritti patrimoniali dei lavoratori pubblici, già maturati, e quindi inviolabili, in quanto costituiscono retribuzione differita spettante al termine del rapporto di lavoro”. Inoltre, i legali hanno evidenziato “la rilevanza sistemica della questione per migliaia di lavoratori precari o di ruolo del comparto scolastico, la cui dignità retributiva e previdenziale risulta compromessa dall’ingiustificato e sproporzionato differimento e frazionamento nel pagamento del TFS, in assenza di una reale emergenza finanziaria o di una misura transitoria”.
Sempre nella richiesta alla Consulta, si ricorda che “ogni anno decine di migliaia di dipendenti, in particolare docenti e personale ATA, cessano dal servizio per raggiunti limiti di età o di servizio senza percepire il tratta-mento di fine servizio (TFS), nonostante quest’ultimo costituisca a tutti gli effetti una retribuzione differita. Il differimento di dodici mesi per la liquidazione del TFS (art. 3, comma 2, del D.L. 79/1997) e la sua ulteriore rateizzazione (art. 12, comma 7, D.L. 78/2010) rappresentano, per costoro, una misura sproporzionata e ingiustificata, che comprime illegittimamente la fruizione concreta di un diritto già acquisito. Come chiarito da questa Ill.ma Corte l’indennità di fine rapporto costituisce infatti una retribuzione differita, ossia un compenso che il dipendente ha conseguito come corrispettivo dell’attività lavorativa e che fa già parte integrante del suo patrimonio, tanto è vero che in caso di decesso prematuro del lavoratore l’emolumento viene erogato ai congiunti superstiti (cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 243 del 1993). Ne deriva che la tempestiva erogazione del trattamento di fine servizio costituisce un corollario indispensabile dei principi di proporzionalità e adeguatezza della retribuzione sanciti dall’art. 36 della Cost.”.
La questione di legittimità costituzionale è stata già “sollevata dal TAR del Lazio”, ricorda il sindacato Anief, e riguarda, in modo specifico, “il differimento e la rateizzazione del Trattamento di Fine Servizio (TFS) dei dipendenti pubblici collocati in quiescenza, ritenuti in contrasto con l'art. 36 della Costituzione e con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione al parametro interposto dell'art. 1 del protocollo n. 1 allegato alla CEDU”. Nella richiesta sindacale formulata alla Consulta, infine, si rammenta che “anche questa Ecc.ma Corte, nella sentenza n. 152/2020, ha chiarito che non è l’equilibrio di bilancio a condizionare l’erogazione di diritti incomprimibili, ma è piuttosto la garanzia di questi ultimi a dover guidare le politiche pubbliche. Il princi-pio di pareggio di bilancio, inserito in Costituzione, non può pertanto fungere da scudo per legittimare la sospensione indefinita di diritti fondamentali, specie se patrimoniali e già maturati”.
IL PROBLEMA
Dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, la legge n. 448/1998, recante “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”, demanda a un DPCM la definizione della struttura retributiva e contributiva dei dipendenti pubblici che passano a partire dai neo-assunti dal 1 gennaio 2001 dalla vecchia liquidazione, il precedente regime del TFS (trattamento di fine servizio) con aliquota maggiore e trattenuta del 2,5% o dell’IBU (indennità di buonuscita) al regime del TFR (trattamento di fine rapporto) con aliquota del 9,41 e trattenuta del 2,5% su 80% dello stipendio, non previsto per i lavoratori privati dall’art. 2120 del Codice civile. I dipendenti degli Enti pubblici non economici, invece, alla cessazione del rapporto di lavoro hanno diritto a una indennità di anzianità (IA) a totale carico dell’Ente datore di lavoro e disciplinata dalla legge n. 70/1975.
LA PETIZIONE ANIEF
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, attraverso una petizione da alcuni giorni ha anche deciso di sollecitare il Governo ad abolire la trattenuta del 2,5% TFR per i neo-assunti dal 2001 e rimetterla integralmente a carico dello Stato quale datore di lavoro: questo, ha spiegato il sindacalista, “per garantire la parità di trattamento tra tutti i lavoratori del pubblico impiego e tra questi e quelli del settore privato, attraverso un intervento legislativo che realizzi anche quanto auspicato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 213/2018, così da salvaguardare la parità di trattamento contrattuale e retributivo, nel perimetro tracciato dalla contrattazione collettiva e dalla necessaria verifica della compatibilità con le risorse disponibili. Tale principio di parità di trattamento si pone a ineludibile presidio dello stesso diritto a una retribuzione sufficiente e proporzionata”, ha concluso Pacifico.
Per chiedere di abolire la trattenuta 2,5% TFR e rimetterla a carico dello Stato e aderire alla petizione Anief cliccare qui.
PER APPROFONDIMENTI:
Il personale immesso in ruolo ha pieno diritto ad accedere alla Carta del docente per i periodi di precariato svolti in precedenza: lo conferma una sentenza del tribunale del lavoro di Modena, che ha risarcito una docente che ha svolto delle supplenze negli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022 senza ricevere la card annuale per l’aggiornamento. All’insegnante, difesa dai legali Anief, il giudice ha assegnato 1.000 euro, “oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell’art. 22, comma 36, della L. n. 724 del 1994, dalla data del diritto all’accredito del beneficio per ciascun singolo anno di riferimento sino alla sua concreta attribuzione”.
Nella sentenza, il giudice ha prima “avuto modo di osservare come la cd. “Carta Docente” si compendi in uno strumento di formazione e aggiornamento finalizzato ad un migliore svolgimento della prestazione da parte del personale”. Quindi, ha ricordato che “la normativa ne esclude il personale non di ruolo dalla fruizione” prendendo però le distanze da tale linea: “si ritiene – riporta la sentenza - che tale scelta normativa risulti, tuttavia, in contrasto con il diritto dell’U.E., come recentemente statuito dalla CGUE, con l’ordinanza del 18.5.2021, emessa nella causa C-450/21, ove è stato affermato il seguente principio, da cui questo giudice non ha ragione alcuna di discostarsi: “La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica”.
Quindi, il giudice di Modena ha anche osservato che “il Consiglio di Stato ha affermato che la scelta del Ministero di escludere dal beneficio della Carta Docenti il personale con contratto a tempo determinato presenta profili di irragionevolezza e contrarietà ai principi di non discriminazione e di buon andamento della P.A., con ciò affermando, quindi, l’illegittimità degli atti impugnati rispetto ai parametri di diritto interno desumibili dagli artt. 3, 35 e 97 Cost, distaccandosi quindi dall’idea di un sistema di formazione a “doppia trazione” tra docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta e docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico”.
Per il giudice, dunque, “l’art. 1, co. 121 della L. 107/2015 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nella parte in cui limita il riconoscimento del diritto alla Carta Docente ai solo insegnanti di ruolo e non lo consente rispetto agli insegnanti incaricati di supplenze annuali (art. 4, co. 1, L. 124/1999) o fino al termine delle attività didattiche (art. 1, co. 2, L. 124/1999). Il che comporta, di converso, l’affermazione del principio per cui anche a tali docenti spetta ed in misura piena quello stesso beneficio (v. sempre Cass., 27.10.2023, n. 29961)”.
Infine, il tribunale del lavoro di Modena ha citato la Corte di Cassazione, “27.10.2023, n. 29961”, secondo la quale occorre prevedere “la liquidazione equitativa del dimostrato pregiudizio” attraverso una «misura più adeguata al caso di specie, tenuto conto delle circostanze del caso concreto (tra cui ad es. la durata della permanenza nel sistema scolastico, cui l’attribuzione è funzionale, o quant’altro rilevi) ed entro il massimo pari al valore della Carta che sarebbe spettato, salva la prova, a quel punto specifica, di un qualche concreto maggior pregiudizio».
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, non si nasconde: “Sulla Carta del docente da dare al personale precario hanno preso il sopravvento le posizioni della Corte di Giustizia Europea, del Consiglio di Statoe della Corte di Cassazione, che hanno tutti espresso parere favorevoli ai supplenti ed in piena linea con quelli dei legali Anief. In attesa che il legislatore provveda a modificare il bug presente nell’articolo 1 della Legge 107 del 2015, che esclude i precari dall’accesso alla card da 500 euro l’anno, è chiaro che occorrerà presentare ricorso gratuito con Anief: se lo si fa entro cinque anni dalla sottoscrizione del contratto a tempo determinato – conclude Pacifico – è possibile recuperare fino a 3.500 euro a docente”.
CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DEL LAVORO DI MODENA
P.Q.M.
Il Tribunale di Modena, in persona del Giudice del Lavoro dott. XXXX XXXX, definitivamente decidendo, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione respinta:
1) DICHIARA il diritto di parte ricorrente a usufruire della Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente dell’importo nominale di euro 500 annui per gli anni scolastici indicati in ricorso, alle medesime condizioni dei docenti a tempo indeterminato e, per l’effetto, condanna il Ministero dell’Istruzione e del Merito a consentirle la fruizione della suddetta Carta elettronica alle medesime condizioni dei docenti assunti con contratto a tempo indeterminato per tali anni scolastici. Oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell’art. 22, comma 36, della L. n. 724 del 1994, dalla data del diritto all’accredito del beneficio per ciascun singolo anno di riferimento sino alla sua concreta attribuzione;
2) CONDANNA il Ministero dell’Istruzione e del Merito al pagamento delle spese di lite in favore di parte ricorrente, che liquida nella complessiva somma di €. 450,00, oltre accessori come per legge e spese di contributo unificato; dispone la distrazione delle spese di lite in favore dei procuratori attorei, dichiaratisi antistatari.
Modena, 29 aprile 2025
Il Giudice del Lavoro
Per ulteriori informazioni sul ricorso gratuito con Anief cliccare qui.
PER APPROFONDIMENTI
Il prossimo 8 e 9 giugno i cittadini italiani saranno chiamati a votare per quattro referendum abrogativi proposti dalla CGIL:
Riconosciamo anche noi di SGB che l’eventuale approvazione di questi quattro quesiti referendari comporterebbe una significativa riduzione dei danni, inflitti negli anni, alle condizioni di lavoro di milioni di lavoratori italiani.
Per questa ragione VOTEREMO SÌ a tutti e quattro i quesiti.
Allo stesso tempo facciamo però anche presente la nostra netta contrarietà a queste finte soluzioni ai problemi sociali, ciclicamente proposte dalla CGIL e da partiti di “sinistra”. L’esperienza ci insegna che il referendum popolare come strumento per l’ottenimento dei diritti sul luogo di lavoro è una pratica inutile e controproducente.
Questi referendum potrebbero infatti abbattersi come un boomerang, per l’ennesima volta, contro quegli stessi lavoratori che la CGIL millanta di voler tutelare.
Ogni volta che i cittadini italiani sono stati chiamati a votare su questioni sociali, dal referendum del 1985 sulla scala mobile (il meccanismo che adeguava i salari all’inflazione interrotto dal governo Craxi) al referendum del 2003 sull’estensione dell’art. 18 alle imprese con meno di 15 dipendenti, hanno sempre prevalso le ragioni del padronato che ne è puntualmente uscito rafforzato.
Dopo il referendum del 1985 è stato infatti cancellato per decenni dal dibattito politico-sindacale il tema dell’adeguamento dei salari ai prezzi con le conseguenze che tutti conosciamo: i nostri salari nel periodo 1990-2020 sono diminuiti del 2,9% mentre ad esempio in Francia sono aumentati di oltre il 30%.
Dopo la sconfitta del referendum del 2003 sull’estensione dell’art. 18 è diventata egemone per anni l’ideologia della “flessibilità” e della “meritocrazia”.
Aspetto ancora più paradossale è che uno dei principali sostenitori del SI ai referendum sull’abolizione del Jobs Act è il Partito Democratico, cioè la stessa forza politica che lo ha scritto e promulgato nel 2015 senza che la CGIL proclamasse un solo minuto di sciopero generale.
Per onestà verso i lavoratori dobbiamo anche ricordare che l’obiettivo del raggiungimento del quorum per i referendum (dovrebbero recarsi a votare circa 25 milioni di cittadini italiani) è estremamente velleitario in questa fase record di astensionismo elettorale.
Inoltre, come sappiamo, rientrano negli aventi diritto al voto anche masse di appartenenti alla piccola borghesia autonoma, ceti impiegatizi, liberi professionisti, funzionari del culto ecclesiastico, delinquenti vari e tanti altri soggetti sociali che non condividono di sicuro gli stessi interessi di classe dei potenziali beneficiari dei referendum.
Al posto di promuovere i referendum un sindacato serio dovrebbe sforzarsi ad organizzare le lotte collettive e non cercare nella (molto) probabile sconfitta elettorale la giustificazione del proprio disimpegno di lotta e collaborazionismo con le controparti.
Questa campagna referendaria potrebbe inoltre essere il maldestro ed irresponsabile trampolino di lancio in parlamento di Maurizio Landini come avvenuto per tutti i suoi predecessori.
Per queste ragioni, voteremo SÌ a tutti e quattro i quesiti ma non andremo, mai e poi mai, a legittimare manovre politiciste sulla pelle dei lavoratori partecipando ad esempio ad ipocrite “iniziative unitarie”.
I DIRITTI SI DIFENDONO E SI ESTENDONO SOLO CON LA LOTTA!
Di seguito, il comunicato in pdf
Si_referendum_No ad un metodo sbagliato e controproducenteDownloadL'articolo REFERENDUM: VOTIAMO SI AI DIRITTI MA DICIAMO NO AD UN METODO SBAGLIATO E CONTROPRODUCENTE proviene da Sindacato Generale di Base.
Oltre al danno la beffa, non è questo il modo di garantire la continuità didattica agli alunni. Il provvedimento va ritirato.
Molti docenti di sostegno in servizio oggi rischiano di non avere più il posto l’anno prossimo. È l’effetto paradossale del Decreto Ministeriale n. 32 del 26 febbraio 2025 che introduce, entro il 31 maggio, la possibilità per le famiglie di chiedere la conferma dell’insegnante di sostegno, anche se privo di specializzazione. La conferma, però, potrà avvenire solo “a condizione che il posto sia disponibile” per l’anno scolastico successivo. Ad affermarlo è il Segretario generale della Uil Scuola Rua, Giuseppe D’Aprile.
Abbiamo contestato fin dall’inizio questo provvedimento – ricorda il Segretario – che apre a logiche clientelari, compromettendo l’imparzialità del sistema scolastico statale, garante di laicità, trasparenza e pluralismo. L’applicazione del decreto è, infatti, lesiva non solo per il docente specializzato, perché non si garantisce il diritto di graduatoria, ma soprattutto per l’alunno con disabilità, che rischierà per il secondo anno consecutivo di non avere l’insegnante di sostegno specializzato.
Le questioni aperte sono numerose e gravi, tra queste l’attuazione – denuncia D’Aprile – cosa accade se un docente viene confermato solo per uno spezzone orario, potrà partecipare alle supplenze ai fini del completamento orario? Inoltre, se ci sono due docenti assegnati ad uno stesso alunno con disabilità, può accadere che l’uno avrà il consenso della famiglia e potrà essere confermato, mentre l’altro no qualora non ci sia lo stesso gradimento.
Ci troviamo come ogni anno con diversi docenti nominati su posti di sostegno assegnati dagli Uffici scolastici in deroga e ad anno scolastico inoltrato, su ricorso presentato dalle famiglie, e lo stesso posto potrebbe non essere confermato per l’anno scolastico successivo. Insomma, un decreto nato male e che può attuarsi peggio, a danno non solo dei docenti, che oggi pensano di essere confermati su posti che l’anno prossimo non ci saranno, ma anche degli alunni con disabilità, che si trovano in mezzo ad una disputa, tra dirigente scolastico, docente e famiglia.
Continuiamo a rivendicare il ritiro del provvedimento, che abbiamo impugnato in sede giudiziaria – ribadisce il Segretario -. Non è questo il modo di garantire la continuità didattica agli alunni con disabilità, che, invece, si può realmente concretizzare con l’utilizzo delle graduatorie provinciali per le supplenze (Gps) di 1^ fascia, come ulteriore canale strutturale di assunzione per coprire i posti rimasti vacanti, una volta terminate le immissioni in ruolo dalle graduatorie ad esaurimento e da quelle concorsuali.
Assunzione – prosegue D’Aprile – che deve avvenire su tutti i posti disponibili, compresi quelli in deroga, al fine di eliminare l’anomalia della distinzione tra organico di fatto e organico di diritto che rappresenta una condizione anacronistica rispetto alla reale situazione nelle scuole italiane.
L'articolo Docenti scelti dalle famiglie, D’Aprile: molti posti non ci saranno per il prossimo anno proviene da UILSCUOLA.
CIAD – Chiarimenti riguardo lo scioglimento della riserva per la terza fascia del personale ATA
“Con la presente nota, relativa all’oggetto, si informano gli Spett.li Uffici in indirizzo che, con riferimento ai candidati inseriti con riserva nelle graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia del personale ATA, queste ultime aggiornate ai sensi del d.m. 89/2024 per il triennio scolastico 2024/2027, l’istanza informatica resa disponibile a decorrere dal 28 aprile 2025 e fino al 9 maggio 2025 è riservata ai soli candidati che abbiano spuntato l’apposita casella di riserva in fase di domanda.
Viceversa, coloro che sono stati inseriti a pieno titolo nella graduatoria e solo successivamente il titolo presentato è stato ritenuto non valido perché non avente i requisiti della CIAD, in fase di prima attuazione del CCNL 2024, purché abbiano, anche loro, conseguito la CIAD aderente ai requisiti richiesti, entro il 30.04.2025, potranno rimanere inseriti a pieno titolo nella graduatoria.
Sarà cura dell’istituzione scolastica capofila acquisire agli atti la certificazione corretta o la dichiarazione del conseguimento della stessa entro la prevista data del 30.04.2025.
Prima della riformulazione della graduatoria, pertanto, l’Istituzione scolastica verificherà la correttezza di tutte le certificazioni presentate, provvedendo, rispettivamente a :
1) scioglimento della riserva e inserimento a pieno titolo, avvalendosi dell’apposita piattaforma informatica;
2) mantenimento degli interessati a pieno titolo nella graduatoria già formulata, purché abbiano acquisito la regolare CIAD alla data del 30.04.2025;
3) depennamento dalla graduatoria, solo per coloro che non hanno conseguito, entro la data più volte citata, la CIAD richiesta e conforme al dettato normativo.”
RIF. NOTA MIM: m_pi.-CIAD-ATA-103800.05-05-2025
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